Il Fondatore Giuseppe Talamoni - FolkBosino


di Varese
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Storie di BOSINI, Poeti e Musicisti
Sul fatto che sia stato un uomo di rara genialità non sussiste alcun dubbio, né che sia stato una delle figure artistiche più originali e complesse, eclettiche e fantasiose che abbiamo animato la vita culturale e sociale varesina, che ha saputo far conoscere le bellezze dei tesori evidenti o nascosti della terra varesina.
Approdato in giovane età a Varese all’inizio del ventesimo secolo, proveniente da città brianzola, Monza, dove che egli aveva dato i natali il 9 maggio 1886. Egli si innamorò delle bellezze Varesine e delle sue genti, eleggendola sua nuova patria, riservandole attenzioni che scaturivano da un amore profondo. Non a caso in uno dei suoi scritti la definì “…una plaga benedetta da Dio nelle bellezze paesistiche che la circondano […] un luogo prodigo di prosperità e abitato da gente […] positive per indole alla serenità di spirito e alacre oltre ogni dire”. Sono parole e concetti che appartengono a Giuseppe Talamoni, colui che può essere considerato un “vero rapsodo della vita e dei costumi bosini”
Formazione e vita artistica
Sin da quand’era ragazzino, aveva dimostrato una singolare vivacità intellettuale e una precoce versatilità artistica, qualità che dovevano la loro origine alla storia famigliare che ha sempre seguito abbracciato le vie artistiche. Gli studi classici furono, quelli che maggiormente attrassero i giovane Giuseppe, affascinato da un mondo nel quale aveva una spiccata affinità. Non tardò a manifestarsi in li lui la necessità di passare dal campo dell’apprendimento a quello della sperimentazione personale: e fu da tale esigenza di creatività che maturò la decisione, di iscriversi all’Accademia di Brera di Milano. Proprio in Accademia ebbe come maestri tra i più ascoltati Cesare Tallone e Vespasiano Bignani con cui poté cominciare a perfezionale le sue tecniche artistiche. Nel 1906, dopo aver ottenuto il diploma, con ottimi risultati in pittura, incisione e ceramica, esordì in pubblico nello stesso anno, partecipando proprio presso Brera, alla prima edizione della Biennale con un’opera dal tiolo “Tramonto in al San Martino”, ora nella biblioteca Civica di Varese.
Egli fu un confermato pittore legato al filone del naturalismo lombardo, che, grazie alla sua sensibile capacità a scegliere le più azzeccate combinazioni cromatiche, riusciva a far rivivere sulla tela i paesaggi che, numerosi, dipingeva, prendendo modello dagli scenari più caratteristici di Varese e del circondario.
Il suo tratto grafico meticolosamente curato che riservava ai particolari  furono fondamentali quando spostò la sua attenzione ad altri soggetti da ritrarre: il volto di un uomo, d’una donna o d’un bambino.
La ritrattistica fu infatti specialità nella quale il Talamoni si rivelò particolarmente versato e che gli consentì di realizzare una vera propria galleria di personaggi locali, che egli sapeva far esprimere, dai lineamenti e dalle espressioni dei loro volti, le caratteristiche spirituali di personalità a volte assi complesse e quindi non facili da rappresentare con fedeltà.

Teatro
Giuseppe Talamoni ebbe modo di esibire la propria straordinaria poliedricità in diversi campi, tra cui quella teatrale. Sul palcoscenico del vecchio “Sociale” che i varesini frequentavano volentieri, spesso affiancati nel periodo estivo, dal villeggianti milanesi. Nel 1924, fece il suo debutto come attore in una commedia di Goldoni “La sposa sagace”, dove ebbe grande successo grazie al senso dello spettacolo che aveva nel sangue, dal quale fu incoraggiato a partecipare, l’anno dopo, al concorso nazionale di Torino dell’arte teatrale. Scelse in quella seconda circostanza che gli avrebbe consentito di fare una preziosa esperienza, un lavoro di Giacosa “Tristi amori”.
Nel frattempo, desideroso di far crescere anche nella sua città una cultura teatrale che fosse al passo con i tempi e che si occupasse concretamente della ricerca di nuovi talenti, Il Talamoni ideò e giudò un’accademia di recitazione, dimostrando di possedere in misura cospicua le doti che ne avrebbero fato non solo un interprete, ma anche un autore, un regista, operettista, un costumista e scenografo di grande qualità. L’accademia si chiamò “Dante Alighieri” e la sua fama si propagò rapidamente, così che monti istituti, come quelli di Lecco e Gallarate, cercarono la sua collaborazione.
Dalla passione per il teatro non seppe starne mai lontano, diventando nel 1946, regista di due commedie di Guido Bertini “El zio matt” e “Tecoppa Institutor” ed autore di commede come “Tèdas oeuv par donzèna” e “Un coeur da bombom” rappresentazioni suggestive di un mondo contadino.

Folklore
Ulteriore notorietà e stima lo raggiunsero presso i suoi concittadini, figurando tra i fondatore del Gruppo Folkloristico Bosino, allora “Gruppo Canterino”, nato nell’autunno nel 1927 per decreto del Duce dopo l’elevazione di Città di Varese al rango di Capoluogo di Provincia. Fu il marchigiano Egidio Benni, dirigente del “Dopolavoro Provinciale”, supportato del Comm. Ermenegildo Trolli, che ebbe il compito reclutare l'uomo giusto, per capacità artistiche, organizzative ed intelligenza che potesse assumere l'incarico di formare un complesso folcloristico capace di riportare alla luce le antiche tradizioni, la storia, la vita dei tempi passati e la riscoperta degli antichi costumi.
In tempi molto brevi,
Talamoni, con la conoscenza delle arti e delle tradizioni popolari, seppe, con sapiente tocco d'artista e sulla scorta del materiale ritrovato, disegnare i costumi sia maschili che femminili ispirati ovviamente al tempo passato, costumi che, pur improntati alle fogge tradizionali del "contado" in tempi passati, vennero integrati, dallo stesso Talamoni, da opportune modifiche e da particolari più appariscenti in modo da essere consoni alla nobiltà di tutti gli altri costumi delle diverse Regioni Italiane.
Con i costumi vennero reclutati alcuni giovani: uomini e donne, che rispondenti ai requisiti richiesti, vennero addestrati all'interpretazione dei canti e dei balli, elaborati sulla scia delle passate generazioni, dal prof. Talamoni con l'ausilio di bravi musicisti, come: Bevilacqua Consonni, Maggioni, Nicora e Sciorilli.
La prima uscita ufficiale del Gruppo Canterino Bosino, guidata da Talamoni avvenne in occasione del “Raduno dei Costumi Caratteristici Italiani”, svoltosi a Venezia nei giorni 18 e 19 agosto e l'8 e 9 settembre del 1928, a poco più di un anno dalla nascita del gruppo stesso.
Al sopracitato raduno, i Bosini, furono inseriti nelle sezioni di "canto" e "gruppi danzerini", cui parteciparono quotate formazioni folcloristiche in rappresentanza di tutte le Regioni d'Italia, ottenendo un "premio di merito" che teneva conto della buona e fedele esecuzione dei suoi canti, di originale intonazione popolaresca, delle sue suggestive scenette agresti, nonché dell'apprezzata correttezza e della compostezza dei suoi esecutori.

I canti Bosini furono presi dal “Il Canzoniere Bosino” creato dallo stesso Talamoni uscito nel 1932 con prefazione di Giovanni Bagaini, dove presentò un raccolta una trentina di poesie dialettali, illustrati con bellissimi disegni dallo stesso autore, frutto della sua sensibile ricerca dei moti più intimi dell’anima popolare che Talamoni ha saputo coglie con sagacia.
Tra i canti di Talamoni spicca quella dal titolo “Or me pars l’è un paradis” che vinse il concorso del Dopolavoro provinciale nel 1932, musiata da Eros Sciorilli, fu opportunamente trasferito sul gagliardetto del Gruppo Folk Bosino e ne divenne il motto. Essa come volle spiegare l’autore è “il libero sfogo di una fiorente ragazza delle contrade bosine in cui c’è tutta la gioia di vivere nella terra natia, paragonata per le sue dovizie naturali al paradiso in terra, da dolce nessuno allettamento riuscirà mai ad allontanarla”

Pin Girometta
Con il Gruppo Folkloristico Bosino, Talamoni ha iniziato un percorso impiego a favore della tradizione locale che sarebbe proseguito e che l’avrebbe condotto a organizzare indimenticabili feste danzanti al “Kursall” di Colle Campigli ed a animare sontuose edizioni di quello che veniva chiaro il Carnevalone Varesino, che l’ha portato creare la maschera bosina del Pin Girometta, vincendo nel 1956, il concorso della “Famiglia Bosina”
In merito alla creazione della maschera Bosina, scrive vittorio carinella “Egli (Talamoni) ricercò quel tipo nelle più antiche cronache locali, quelle che rievocano i tempo passati e le abitudini della gente di quei tempi. Ha trovato il suo tipo nella storia e nelle favole che una volta gli anziani si scambiavano nei giorni di festa, attorno ai tavoli delle osterie dei piccoli paesi, rievocando persone e figure degli anni lontani.” Ebbene si, Talamoni, tra una chiacchiera e l’altra aveva scoperto che esistito nel Settecento un merciaio stravagante che girava per i cortili delle cascine e veniva chiamato come intrattenitore nelle feste di paese, ebbene, il Pin Girometta ricalca proprio quella personalità gioiosa  spensierata, del tipico bosino nei giorni di festa, simpaticone e di compagnia ed usa come ispirazione l’amico Enrico Vanetti, il responsabile dell’officina del Calzaturificio di Varese, grandissimo sportivo e attore della Filodrammatica: diede al Pin le sue sembianze di uomo magro e atletico e anche l’onore di impersonarlo per primo nel Carnevale Bosino. Il secondo è l’archetipo del pellegrino delle nostre terre, il romeo per definizione: Sant’Imerio. Le vesti del Pin Giometta invece, sono state ispirate da una musa più aggraziata, Varese: tipiche calze  righe bianche e rosse, pantaloni blu, per richiamare i tanti laghi della provincia, la casacca verde per ricordare i famosi giardini della città, un mantello marrone, simbolo delle montagne che si affacciano sulla valle, un cappello ampio, per proteggersi dal sole che spende sempre gioioso su Varese. Sempre con li un accessorio indispensabile, il porta fortuna Varesino, la Girometta.

Giornalismo, il "Matocco"
Talamoni fu quel personaggio che, circa due secoli fa, era simpaticamente conosciuto nel Varesotto, specie in quei paesi che vanno da Azzate a Bardello, una persona che  in un determinato momento della cronaca di un paese, ha saputo riassumere in se lo spirito della gente da cui proveniva e le fantasie e le leggente della gente stessa uomo arguto nel fornito di vis polemica, abituato a dire con franchezza ciò che pensava su qualsiasi argomento, abile caricaturista, mise questi tratti della personalità e qualità al sevizio del giornalismo; fu infatti nel dopoguerra il fondatori del periodo satirico “Il Matocco”.
Nelle righe del “Il Matocco” non si esitava a sollevare le questioni più delicate e a criticare i personaggi più intuenti della città, senza tuttavia scendere mai in eccessi, la vena di graffiante ironia e di dissacrante umorismo che ne costituiva l’inconfondibile caratteristica  si dovette in gran parte alla presenza, in quella goliardica redazione, di Giuseppe Talamoni.


Quando l’8 gennaio1968 Giuseppe Talamoni, andò avanti, Varese perdette un grande uomo che ha vissuto la sua vita per esaltare la bellissima città che l’aveva adottato. La gente lo onorò di un gesto di grande affetto, facendo percorrere al feretro, tutte le vie della città, così che tutti potessero salutarlo e ringraziarlo prima di giungere alla sua casa eterna.
Il suo lavoro artistico, culturale ed umano rimarrà immortale.


“Calandari 1980” di Mario Miglierina
“C’erano una volta novantuno protagonisti della storia di Varese” di Massimo Lodi e Luisa Negri
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